Preambolo
L’intelligenza emotiva oltre le soft skills
Negli ultimi anni, l’intelligenza emotiva è stata frequentemente associata allo sviluppo delle soft skills e al modello di leadership autorevole. Seppur rilevante in tali ambiti, questa prospettiva appare oggi parziale e riduttiva.
Per chi opera quotidianamente nei contesti della cura – che si tratti di disagio psichico, traumi relazionali o fragilità affettive – l’intelligenza emotiva non può essere intesa come una semplice abilità trasversale. Essa rappresenta piuttosto una struttura fondante dell’esperienza umana.
Autoconsapevolezza, autoregolazione emotiva, empatia, motivazione intrinseca e competenze relazionali costituiscono non solo strumenti terapeutici, ma processi dinamici essenziali per il benessere psicosociale.
Quando l’esperienza incontra un limite
L’osservazione clinica e l’efficacia degli approcci relazionali non bastano più.
La complessità del disagio contemporaneo – nelle sue forme individuali, familiari e sociali – segnala la presenza di un limite sistemico, di un vuoto che la tecnica, il sapere teorico e la buona volontà degli operatori non riescono a colmare.
È stato proprio il drammatico incremento di fenomeni di malessere psichico – sovente sottotraccia, sommerso, taciuto – a spingermi verso una domanda cruciale:
Cosa manca davvero per prevenire, e non solo per curare?
Lungi dall’essere retorica, questa domanda sollecita una riflessione profonda sulla necessità di un nuovo orizzonte culturale ed educativo.
Prevenzione: educare, coltivare, sostenere
Formare una cultura della prevenzione
Prevenire non significa semplicemente intervenire prima.
Significa, più radicalmente, formare una cultura relazionale ed emotiva in grado di intercettare i bisogni prima che diventino sintomi, di riconoscere il disagio prima che si strutturi in sofferenza cronica.
Educare alla salute emotiva implica un concreto agire nei luoghi in cui le emozioni si apprendono e si articolano: la famiglia, la scuola, le comunità educative, i contesti affettivi primari.
Significa promuovere consapevolezza, favorire il pensiero critico, sviluppare competenze socio-emotive.
Destinatari della prevenzione
Un approccio preventivo efficace è necessariamente intergenerazionale e riguarda
- le giovani coppie e i neogenitori, nel delicato passaggio alla genitorialità.
- i bambini che iniziano a costruire il proprio alfabeto emotivo.
- gli adolescenti, in bilico tra identità in formazione e ricerca di senso.
- i giovani adulti, nel confronto tra possibilità personali e orizzonti collettivi.
- gli educatori e gli insegnanti, chiamati a tradurre in pratica quotidiana l’educazione relazionale.
- I luoghi di lavoro, dove alle competenze professionali si intrecciano attitudini psicologiche ed emotive.
Ogni fase della vita richiede presidi di senso, figure di accompagnamento, contesti di ascolto.
E la prevenzione non è un’azione isolata: è un processo continuo, una semina che accompagna i cicli dell’esistenza.
La prevenzione come responsabilità generativa
In un’epoca segnata da disgregazione, sfiducia e vulnerabilità relazionale, prevenire è un atto etico e generativo.
È scegliere di investire sul potenziale umano prima che sul contenimento del danno.
È riconoscere che la costruzione del benessere collettivo passa attraverso la promozione della consapevolezza emotiva come valore condiviso.
Investire nell’intelligenza emotiva non è una scelta accessoria, ma una necessità culturale.
È oggi che occorre seminare il terreno per una società più capace di riconoscere, regolare e valorizzare le emozioni.
Introduzione
Il contesto contemporaneo: accelerazione, disconnessione, vulnerabilità
Ci troviamo immersi in una società sempre più accelerata, digitalizzata e frammentata, in cui il senso di connessione con gli altri e con se stessi appare gravemente compromesso.
Aumenta la distanza relazionale, si indebolisce l'empatia, si logora il rispetto reciproco, si affievolisce la cooperazione.
Inseguiamo ideali di successo, efficienza e performance, ma spesso ne usciamo esausti, alienati, invisibili: siamo ovunque in tempi brevissimi, ma rischiamo di non essere mai veramente presenti.
In questo quadro, il senso di inadeguatezza, isolamento e fallimento cresce in modo esponenziale, contaminando la salute mentale, il benessere collettivo e la qualità delle relazioni.
Il presente sembra sfuggirci. Siamo travolti da un tempo cronico, meccanico, lineare: si ha troppo spesso la sensazione di correre contro il tempo, senza mai davvero abitarlo.
Rimanere nel “qui e ora” si rivela un esercizio faticoso, quasi insostenibile dal momento che il nostro sguardo si fissa sul passato o si proietta compulsivamente nel futuro.
E intanto, il momento presente - così come lo spazio della consapevolezza, dell’ascolto e dell’incontro - evapora.
L’intelligenza emotiva come fondamento del legame
In questo scenario, l’Intelligenza Emotiva si propone come architrave della ricostruzione relazionale e sociale.
Sviluppare la capacità di comprendere, esprimere e regolare le emozioni, proprie e altrui, non è solo un percorso di crescita personale: è un atto trasformativo, un investimento etico e culturale nella salute mentale individuale e collettiva.
L’intelligenza emotiva consente di:
· favorire connessioni autentiche attraverso l’empatia
· sviluppare abilità sociali per interagire in modo costruttivo
· potenziare la motivazione interna orientata al benessere condiviso
· affrontare le sfide con maggiore resilienza e consapevolezza
In una società polarizzata e frammentata, la capacità di abitare le emozioni diventa una competenza di cittadinanza, una risorsa per generare comunità più empatiche, inclusive e cooperative.
Perché questo Manifesto
Questo Manifesto nasce dalla convinzione che la promozione delle competenze emotive rappresenti una leva strategica per costruire un futuro più equo, umano e relazionale.
Rimettere la connessione umana al centro significa rivedere radicalmente le priorità educative, politiche e culturali. Significa riconoscere nell’Altro una risorsa, e non un avversario da temere o da escludere.
Siamo chiamati a vivere il tempo in modo nuovo.
Non il tempo frenetico della prestazione, ma il Kairós: il tempo qualitativo, denso, propizio.
È nella capacità di riconoscere l’attimo significativo, di fermarsi, di scegliere in modo consapevole le proprie azioni nel presente che si gioca la possibilità del cambiamento.
È qui, ed è ora, che possiamo fare la differenza
Le basi scientifiche dell’Intelligenza Emotiva
L'intelligenza emotiva (IE) ha solide basi scientifiche che si intrecciano con la psicologia, le neuroscienze e la psicofisiologia.
Tra le prime riflessioni che hanno ampliato la visione tradizionale di intelligenza, spicca la teoria delle intelligenze multiple proposta da Howard Gardner nel 1983. Gardner ha identificato diverse forme di intelligenza, superando il modello unico del quoziente intellettivo (QI). Le intelligenze individuate da Gardner riguardano l'Intelligenza Linguistica, Logico-matematica, Spaziale, Corporeo-cinestetica, Musicale, Interpersonale, Intrapersonale, Naturalistica. Le due che interessano di più rispetto all’intelligenza emotiva sono l'Intelligenza interpersonale: capacità di comprendere e interagire efficacemente con gli altri (empatia, comunicazione, lettura delle emozioni altrui) e l'Intelligenza intrapersonale: capacità di comprendere se stessi, le proprie emozioni, motivazioni, desideri e di usare questa consapevolezza per orientare le proprie scelte e azioni.
I fondamenti teorici dell'Intelligenza Emotiva vengono inizialmente sviluppati da Peter Salovey e John Mayer (1990) e successivamente resi popolari da Daniel Goleman (1995). Tra gli autori, troviamo anche Reuven Bar-On (1997).
Salovey e Mayer (1990) la definirono come “la capacità di percepire, comprendere, regolare ed esprimere le emozioni in modo adattivo” e individuano 4 dimensioni:
- percezione e riconoscimento delle emozioni
- uso delle emozioni per facilitare il pensiero
- comprensione delle emozioni
- regolazione delle emozioni.
Goleman (1995), enfatizzandone l’applicazione nel mondo del lavoro e nelle relazioni, individua 5 abilità caratterizzanti l’IE:
- autoconsapevolezza
- autoregolazione
- empatia
- motivazione.
- Abilità sociali.
Reuven Bar-On (1997) – ideatore del test Emotional Quotient Inventory (EQ-i)-definisce l’intelligenza emotiva come “l’insieme delle capacità emotive, personali e interpersonali che influenzano la capacità globale dell’individuo di affrontare le richieste e le pressioni dell’ambiente”.
E le suddivide in cinque abilità:
- abilità intrapersonali (consapevolezza emotiva, autostima)
- abilità interpersonali (empatia, relazioni sociali),
- gestione dello stress (tolleranza allo stress, controllo degli impulsi)
- adattabilità (problem solving, flessibilità).
Numerosi studi hanno dimostrato come le competenze di Intelligenza Emotiva (IE) siano associate a diversi esiti positivi nella vita personale e professionale. Sono state analizzate diverse competenze: performance lavorativa, leadership efficace, benessere psicologico, relazioni interpersonali: Miao et al. (2018), Joseph & Newman (2019) - IE predittiva di performance elevate, soprattutto in ruoli interpersonali; Harms & Crede (2020), Gilar-Corbi et al. (2022) - L'IE e associata a leadership trasformazionale e resiliente; Sarrionandia et al. (2018), Gutierrez-Cobo et al. (2020) - L'IE protegge da stress e burnout, Kircaburun et al. (2019), Di Fabio & Kenny (2019) - L'IE migliora empatia, comunicazione e relazioni sociali.
Il punto di vista neuroscientifico
Le emozioni non sono semplici reazioni soggettive.
Sono processi regolati da specifiche strutture cerebrali e da complessi circuiti neuronali. Grazie alla plasticità neurale, è possibile allenare e potenziare le capacità emotive e relazionali: il cervello umano consente di ricevere stimoli, provare emozioni, formulare pensieri connotati da significato.
Quando queste tre dimensioni si trovano in connessione reciproca
- pensieri e sentimenti risultano armonici
- una vita consapevole diventa un’opzione valida
- ricorrono i fattori ineludibili di un equilibrio personale e professionale.
Secondo la Teoria Polivagale esistono tre modalità di risposta agli stimoli sociali ed emotivi: Stato di sicurezza e connessione sociale (ramo ventrovagale), Stato di attacco/fuga (sistema simpatico) e Stato di congelamento/collasso (ramo dorsovagale).
Questi tre stati influenzano direttamente la regolazione emotiva, l’empatia e la gestione dello stress, che sono componenti chiave dell’intelligenza emotiva.
Pertanto, la Teoria Polivagale offre una solida base neuroscientifica capace di spiegare le modalità con cui il sistema nervoso influenza le emozioni, l’empatia, la regolazione emotiva e la salute psicofisica nel suo complesso.
Un nervo vago ventrale forte è correlato a una maggiore intelligenza emotiva, all’autoregolazione, al benessere e alla connessione con gli altri.
Dunque, l'Intelligenza Emotiva è prerogativa di ogni essere umano al quale è demandato il compito di prendersene cura.
Perché l’Intelligenza Emotiva gioca un ruolo primario e indefettibile nel conseguimento e nel mantenimento del benessere psicofisico.
I pilastri dell’intelligenza emotiva
Daniel Goleman è stato il primo a sistematizzare e divulgare su larga scala il concetto di Intelligenza Emotiva, identificandone le cinque dimensioni fondamentali delle quali si è già trattato (cfr. sopra).
Pur rimanendo tali, l’improvvisa accelerazione subita dai tempi in atto unita alla conseguente iperveloce evoluzione umana hanno determinato l’esigenza di integrare le cinque dimensioni di Goleman con altrettante, distinte dimensioni che ritengo altrettanto essenziali nel reciproco concorso a un’armonica costituzione di una vita piena, emotivamente equilibrata e pienamente connessa con il mondo.
Ecco i Dieci Pilastri dell’Intelligenza Emotiva.
Autoconsapevolezza: conoscere e comprendere le proprie emozioni
Autoregolazione: gestire le emozioni in modo equilibrato
Motivazione: trovare la spinta interiore per affrontare le sfide
Empatia: comprendere e connettersi con le emozioni altrui
Capacità di cura: tradurre l’empatia in azione
Abilità sociali: creare relazioni positive e costruttive
Gentilezza: relazionarsi con gli altri con rispetto
Autenticità e Onestà: essere coerenti con i propri valori
Flessibilità e Adattabilità: affrontare il cambiamento con resilienza
Crescita personale: coltivare continuamente il proprio sviluppo interiore
L’intelligenza emotiva come fondamento di una società migliore
Le dieci dimensioni devono integrarsi tra loro.
Per apprendere l'autoregolazione è necessario sviluppare la consapevolezza delle proprie emozioni e riconoscerne l'intensità.
In assenza di autoconsapevolezza e autoregolazione, la motivazione rischia di essere instabile, ma, senza l’empatia e le abilità sociali, rischia di diventare eccessivamente egoriferita.
L'empatia necessita della consapevolezza di sè e anche della motivazione, la quale alimenta la scelta di sintonizzarsi con l'altro.
Le abilità sociali senza empatia e onestà potrebbero diventare strumento di manipolazione.
Tali dimensioni possono combinarsi in maniere diverse tra loro esitando in modi altrettanto diversi.
Coltivare queste competenze è il viatico per una vita in armonia con noi stessi e con il prossimo nonché per una società più empatica e giusta.
Una cosa è certa: quando queste caratteristiche lavorano insieme e si integrano, l'intelligenza emotiva può diventare veramente una formula rivoluzionaria.
Che potrebbe cambiare il mondo. A partire dal nostro.